[ 33.470 exp (30r100x2) Elanor (#3A0057)][DENARO: 510 NdF; DEPOSITATO: conto [ABBIGLIAMENTO: uniforme completa Guardie Reali][ EV: 900 PV, ABILITA': chi blocking ARMATURA: // ARMI: arco(off)/stiletti (7)]
ANNO 2, MESE 8, GIORNO 9, POST 7 (Apr), Aprì gli occhi con lentezza, sembravano quasi incollati per quanto le pesavano le palpebre. Per qualche secondo l’unica cosa di riuscì a concepire l’esistenza fu il color giallo chiaro del soffitto, pur non ricordandosene il nome. Poi venne un respiro più profondo ed il resto della stanza. Elanor si stropicciò gli occhi stancamente e posò lo sguardo sul mobilio dell’infermeria: un tavolino basso accanto alla branda con una lucerna spenta, un bicchiere d’acqua ed un piccolo involto con sopra un foglietto di carta ripiegato; in un angolo un bacile con asciugamano posto su un semplice tripode di metallo ed uno sgabello con sopra l’uniforme lavata e piegata accuratamente, l’elmo ed ai piedi del mobile gli stivali. Il tutto era circondato da un separé a soffietto di stoffa color ocra, ricamata con motivi a forma di fiamma marrone scuro. Lei era distesa nella branda, con un lenzuolo leggero tirato fino alle clavicole; le avevano infilato una camicia da notte di cotone, aveva gli avambracci fasciati dove erano ancora tracce delle ustioni provocate dal combattimento di qualche giorno prima e dall’esplosione.
Attese qualche minuto prima di decidersi a mettersi seduta: si sarebbe aspettata di essere sul punto di cadere a pezzi, ma non era così. Provò a mettersi in piedi: quello fu un po’ meno agevole a causa dei lunghi giorni di immobilità forzata, ma decise di far risvegliare gli arti anchilosati con una passeggiatina a piedi nudi nella stanza, sempre aggrappata al letto. Il medico le scoccò un’occhiata di rimprovero entrando all’improvviso nell’infermeria: tutti uguali, questi soldati fanatici…prima Iris che si sente male perché non mangia, poi il suo amichetto che si fa saltare in aria e poi va a spasso come se niente fosse…ci mancava solo l’allegro ostaggio che balla la danza del Camelefante appena rilasciato. Non disse nulla comunque…sapeva che non sarebbe servito a niente.
“Se pazienta qualche minuto le faccio portare la colazione, non serve che le dica che ha bisogno di energia per ristabilirsi…” brontola con tono piatto
“…e credo sia inutile che le consigli di non tornare in servizio almeno per qualche giorno, vero?” chiese in modo sottile, cercando di suggerirle un comportamento a suo avviso meno sconsiderato.
“Vedremo, dottore…veramente mi sento bene, non vedo il motivo di stare chiusa qui se non serve” rispose lei, tornando seduta. Poco dopo ecco arrivare la colazione, decisamente abbondante per lo standard. Non sparì tutta nello stomaco della guardia però, era come se si fosse ristretto. Il medico continuava a ronzarle intorno e con la scusa di trafficare con le sue scartoffie controllava con sguardo furtivo se la sua paziente si stesse comportando in modo normale.
“C’è un’altra cosa…il Signore del Fuoco la attende” brontolò, dopo averla visitata da capo a piedi. Elanor ebbe un guizzo: non la vedeva da quando c’era stato l’attentato.
“Dove?” gli chiese, già in piedi e con l’uniforme già mezza addosso (rischiando di finire per terra per la scarsa stabilità). Il medico sospirò rassegnato.
“Alle stanze degli ospiti, la prima a sinistra”, ed in risposta all’occhiata interrogativa di Elanor continuò
“Uno dei tuoi uomini è stato colpito, è messo male: polmone perforato. Non si sveglia da quando è stato colpito. Si, quello con cui sta insieme da qualche mese” borbottò, di nuovo anticipando la sua domanda. Elanor fece una smorfia: non sarebbe dovuto succedere, non ad uno dei suoi. Anche se Shibao ed il suo amichetto gli erano sempre stati antipatici non avrebbe mai augurato loro di fare quella fine. Meglio mettersi in marcia…non era sicura di prendere servizio immediatamente, ma voleva comunque farsi vedere in uniforme per dimostrare di non essersi rammollita nel frattempo. Durante il tragitto dovette fermarsi ogni tanto a riposare le gambe, ancora non funzionavano a dovere, ma quando arrivò alla porta si raddrizzò in tutta la sua altezza e si sistemò la divisa. Farsi vedere con aria disfatta non avrebbe aiutato nessuno…bussò e spinse la porta con circospezione, salutando subito con l’inchino tradizionale gli occupanti della stanza.