tu devi mettere post 1, si azzerano ogni mattina ;P
MESE 9, GIORNO 29, POST 2, notte
[(#FF007F) EXP 141.410 (30r100x2)][DENARO: 1500 mo (gioielli) + 4700 mo NdF + ABBIGLIAMENTO: pantaloni morbidi color marrone, top rosso chiaro, capelli sciolti][EV: 1.550, ABILITA': fiamme blu, controllo dell'attacco B ARMATURA: D1 (off), ARMI: pugnale (off)]
Era riuscita a non soffermarsi su quel pensiero per l'intera giornata, complici tutti i problemi che governare una nazione tanto vasta comportava... ma ora che era rimasta sola, con il silenzio della notte, non c'era niente che potesse fare per evitare di pensarci. Suo padre stava morendo tra atroci sofferenze, in una squallida cella, dimenticato dal mondo... ed era stata lei a permetterlo. Si rigirò nel letto, nascondendo la testa sotto ai cuscini: era esausta, ma non riusciva a prendere sonno. Che diritto aveva suo padre di toglierle anche quelle poche ore che aveva per riposare!? Non era giusto! Scalciò frustrata contro il lenzuolo, prendendo a pugni il cuscino, ma ben presto si accorse che non le era di alcun giovamento. Lanciò uno dei cuscini lontano da sé, contro la parete, poi si tirò di nuovo a sedere: era inutile, non sarebbe riuscita ad addormentarsi.
Con la consapevolezza che quella notte non avrebbe chiuso occhio si trascinò fuori dal letto; allungò una mano di fronte a sé, lasciando che la sua energia fluisse fino a generare una palla di fuoco, che divampò tra le sue dita illuminando l'intera stanza. Trattenne l'impulso di chiamare le servitrici, il loro silenzioso affaccendarsi per esaudire ogni suo desiderio non avrebbe fatto altro che irritarla ulteriormente: aveva bisogno di qualcosa di rilassante. Uscì dalla stanza, ritrovandosi nel salottino deserto e continuò a passo deciso verso la porta che dava sul grande corridoio che separava le sue stanze da quelle degli altri membri della corte. La porta scricchiolò leggermente quando lei la spinse e per una frazione di secondo le parve di cogliere un sussulto nella posa composta dei soldati di guardia.
"Seguitemi" ordinò in tono perentorio, senza fermarsi nemmeno il tempo necessario a constatare che il suo ordine era stato recepito. Scese rapida per le scalinate deserte con la vestaglia di seta pregiata che si apriva, ondeggiando e gonfiandosi alle sue spalle. Sembrava tutto così irreale: il silenzio del palazzo, quella situazione. Suo padre stava per morire... e allo stesso tempo era già morto. Non c'era niente che potesse fare per salvarlo: erano state le azioni stesse dell'uomo a condannarlo e ora, finalmente, gli spiriti erano tornati a reclamare il loro prezzo. E allora perché era lei a sentirsi così male?
Con un moto tronfio Iris si liberò della vestaglia, rimanendo solo con dei pantaloni morbidi e una fascia a coprirle il seno. Le due guardie si fermarono ad alcuni passi da lei.
"Attaccatemi" ordinò la ragazza, fissandoli con una strana luce nello sguardo. Avevano raggiunto l'arena. Quella stessa arena dove poche settimane prima il Signore del Fuoco Rozul era morto per mano sua. Le guardie si scambiarono un'occhiata preoccupata.
"ATTACCATEMI, MALEDIZIONE!" sbottò Iris, accompagnando l'esclamazione con una palla di fuoco in direzione dei due. I soldati caddero sul colpo... ma la cosa peggiore era che Iris non si sentiva affatto meglio. Scagliò un'altra palla di fuoco dritta davanti a sé, poi un'altra e un'altra ancora, senza successo. L'unica cosa che sentiva era una rabbia cieca che le cresceva dentro, facendole desiderare di radere al suolo l'intero palazzo, l'intera Capitale, l'intera Nazione... e si sentiva abbastanza potente per riuscirci... ma non avrebbe risolto niente. Suo padre stava per morire e lei non stava facendo niente per impedirlo.
"TI ODIO!" strillò con quanto fiato aveva in corpo, lasciandosi cadere in ginocchio. Non le importava niente dei due uomini a terra, non le importava se qualcuno l'avesse presa per pazza, voleva solo che quell'opprimente senso di colpa se ne andasse e non sopportava di sentirsi così impotente al riguardo. Rumore di passi. Iris alzò lo sguardo appena in tempo per notare Kuro che le posava nuovamente la vestaglia sulle spalle: aveva l'aria stanca, assonnata.
"Lasciami in pace!" protestò Iris, spingendosi all'indietro, finché la vestaglia scivolò di nuovo a terra. Kuro si accucciò accanto a lei, i movimenti lenti, gravati dalla stanchezza. Iris gli lanciò un'occhiata disperata, quasi che lui potesse fare qualcosa, ma non disse niente.
"I medici dicono che ha due giorni. Forse non passerà la notte. Se vuoi fare qualcosa non hai molto tempo" le ricordò l'uomo con voce assonnata.
"Lo so" borbottò Iris
"... ma non intendo fare niente. Se lo merita: ha preso in giro l'intera Nazione. Non ha risparmiato nemmeno la sua stessa famiglia. Doveva morire comunque... se gli Spiriti hanno deciso così non sarò certo io a interferire" rispose decisa. Kuro trattenne a fatica uno sbadiglio:
"ha commesso degli errori, ma è tuo padre e ti vuole bene. Non permettere che se ne vada; dagli il tempo per vedere che grande Signore del Fuoco puoi diventare...",
"SONO GIA' GRANDE!" esclamò lei, raddrizzandosi di colpo e fissando il maestro con gli occhi fiammeggianti di rabbia. Kuro si fece serio
"vuoi riuscire a dormire per gli anni a venire? L'unico modo è chiarire quello che è successo tra di voi prima che lui sia morto. Vai a trovarlo o fallo curare da un medico esperto" disse rialzandosi e tendendo una mano verso Iris per aiutarla a fare altrettanto. Iris rifiutò l'aiuto, squadrando l'uomo con aria di sfida:
"Andrò da lui, ma non cambierà niente".
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Quando Iris si infilò all'interno della cella non c'era nessuno. Il prigioniero era a terra, ricoperto da bende bagnate, che lasciavano macchie d'acqua sul pavimento: qualcuno doveva essere appena passato per cambiarle. Non sapeva se Riku era cosciente, né se sarebbe stato in grado di rendersi conto della sua presenza lì, ma non le importava granché. Non era lì per parlare, ma solo per cercare di zittire quel senso di colpa che la attanagliava per essere stata la causa di quello che era successo. Si sedette a terra e solo quando la sua schiena nuda poggiò contro il muro di pietra parve rendersi conto di aver dimenticato la vestaglia nell'arena. Incrociò le braccia... faceva davvero freddo lì dentro.